Critica artistica

Achille Pace, Alfredo De Benedetti, Antonietta Caruso, Nicola Sorella, Silvana De Gregorio, Anna Francesca Biondolillo, Giorgio Falossi, Sandro Serradifalco, Leo Strozzieri, Carlo Fabrizio Carli, Dino Marasà.

ANTONIETTA CARUSO

L’azzurro è forse una condizione dell’anima, un archetipo presente in noi prima che il vissuto invadesse a strati la nostra mente e poi imprimesse le nostre cellule, una dopo l’altra, fino a trasformarle e a costruirne quello che siamo ora e qui.
Ma quel substrato non è cancellato. E’ solo sopito nei meandri della memoria.
E ritorna di tanto in tanto nel nostro sguardo sul mondo, si fa strada tra gl’incastri della mente, nei cibernetici percorsi, disseminati di schegge di geometrie esplose e non più idonee a formare equilibrate composizioni architettoniche.
E come potrebbero, dopotutto, considerata la metamorfosi dell’esistenza quotidiana, che avviene ineluttabilmente e talvolta a nostra insaputa, che tu lo voglia o no, come potrebbero, dicevo, formare qualcosa di armonioso, che suggerisca un ordine sereno, in cui sentirsi bene e in cui muoversi con disinvoltura sorridendo al prossimo, se la vita è caos? L’esplosione, una volta avvenuta, non può tornare in ordine, come non torna indietro il tempo.
Dio tenta di dare un ordine al mondo, ma la condizione umana è divina e quando Dio tende la mano all’uomo, egli non riesce ad afferrarla.
Così com’è esplosa la città antica nelle attuali aree metropolitane, fumogene e ripetitive, allo stesso modo è esploso il ritmo delle nostre esistenze.
Le nostre torri di Babele s’innalzano come un inno alla grandezza dell’uomo, ma periodici aerei terroristici ce le abbattono sotto i nostri occhi impotenti.
E noi, incorreggibili, torniamo a ricostruirle.
Luigi Petrosino, dalla sensibilità tipica dell’artista, ha colto un aspetto fondamentale della condizione dell’uomo di oggi: la solitudine nel caos. Una condizione questa non retorica, non estrapolata delle teorie psicoanalitiche in voga, ma avvertibile, anzi estremamente tangibile, qui ed ora, nella quotidianità della nostra vita, circondati dall’azzurro del mare Adriatico che lambisce le nostre mura e che s’impone al nostro sguardo.
Qui, nei meandri dei vicoli antichi, nelle rotaie della ferrovia, nelle corsie dell’autostrada e della tangenziale, nei piani stereotipi dei condomini, nel susseguirsi dei numeri civici, nel trascorrere dei giorni del calendario, nel passare inesorabile delle ore, la condizione dell’uomo alienato dal caos, dalla tecnologia e da se stesso è tangibile. Sapete, possiamo anche stordirci con cose da comprare e da possedere con musica e pastiglie, ma non cancelliamo la nostra condizione.
Forse solo l’azzurro, si l’azzurro, quell’ancestrale ricordo di ciò che amavamo, di ciò che speravamo, della trasparenza del nostro sguardo sul mondo può darci ancora parvenza, segnali di vita autentica.

Termoli, Dicembre 2007


@2017 Luigi Petrosino - Tutti i diritti sono riservati